Impariamo a dire di no

Quante volte ci siamo sentiti ingabbiati dicendo sì a qualcosa che non volevamo fare? Al giorno d’oggi siamo sottoposti a continue richieste: nel mondo del lavoro, in famiglia, dagli amici, nel nostro tempo libero. E noi spesso ci facciamo una nostra idea su ciò che sia giusto e ciò che sia sbagliato, con un giudizio troppo rigido. Per questo abbiamo deciso di parlare di diritti assertivi e della possibilità che tutti abbiamo di dire di NO ad una richiesta esterna per rispondere ad un proprio bisogno. E lo abbiamo fatto facendo qualche domanda alla dott.ssa Giorgia Faggionato, Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, con cui Spazio Incanto collabora da molti anni.

 

PARTIAMO DALLE BASI. LA COMUNICAZIONE PUÒ ESSERE PASSIVA, AGGRESSIVA E ASSERTIVA. QUALI SONO LE DIFFERENZE?

Sono i tre principali stili di comunicazione che racchiudono nelle persone atteggiamenti, comportamenti e soprattutto pensieri differenti alla base. La comunicazione passivaè un tipo di comunicazione che sottende un pensiero, ovvero il ritenere i propri personali bisogni come secondari rispetto alle necessità altrui e si traduce in azioni di delega all’altro e di sottomissione. La comunicazione aggressiva, al contrario, rimanda ad un pensiero di superiorità delle proprie necessità e opinioni rispetto a quelle altrui che porta a comportamenti di supremazia. Entrambi questi stili di comunicazione hanno dei risvolti negativi se protratti rigidamente nel tempo. La comunicazione assertiva è, invece, quello stile che tiene sempre in considerazione i bisogni propri e dell’altro, valutandoli sullo stesso piano di importanza: questo atteggiamento genera comportamenti di cooperazione, soluzioni condivise, senso di coerenza con sé stessi e di fiducia nell’altro.

 

DIRE DI NO! PERCHÉ TAL VOLTA È COSÌ DIFFICILE? PERCHÉ CI SI SENTE COSÌ IN COLPA?

Dire di NO è spesso complicato per diverse ragioni. In primo luogo non ci legittimiamo il diritto a farlo, crediamo quindi che sia una cosa da non poter fare, che sarebbe comunque più opportuno rispondere affermativamente ad una richiesta perché questa rimanda al bisogno degli altri. Quindi riconosciamo come più importante il bisogno dell’altro rispetto al nostro e riteniamo di dovervi rispondere, pena un esito negativo nella relazione. Ci si sente in colpa, infatti, poiché si pensa di essere responsabili di una conseguenza negativa, in questo caso una conseguenza generata nell’altro. Pensiamo che scegliere di rispondere diversamente, magari per stare meglio, sia un torto fatto all’altro e sia colpa di uno stato d’animo spiacevole altrui o di un giudizio negativo che il nostro interlocutore potrebbe darci.

 

DIRE DI NO AGLI ALTRI TALVOLTA SIGNIFICA DIRE UN GRANDE SÌ A SE STESSI. NON DOVREBBE ESSERE UN DIRITTO PER OGNI PERSONA POTER DIRE DI NO?

Esatto, è davvero un diritto che ciascuno di noi ha! Semplicemente, non ne siamo consapevoli o non ci concediamo di farlo valere. Dire di NO agli altri significa talvolta ascoltare un proprio bisogno personale e abbiamo sempre il diritto a far valere le nostre necessità, le nostre opinioni e di portarle avanti, nel rispetto di quelle altrui. Se infatti comunichiamo in maniera assertiva, pensando che i nostri diritti valgano esattamente quanto quelli dell’altro, saremo in grado di dare voce alle nostre posizioni, dicendo di NO ad una richiesta e accettandone le conseguenze, facendo una domanda senza pretendere, mostrando disaccordo pur comprendendo. Accogliendo il proprio bisogno, dicendo un grande Sì a noi stessi, percepiamo un senso di benessere, di coerenza con noi stessi e di maggiore fiducia nelle relazioni.

 

COME AIUTI NELLA TUA PROFESSIONE LE PERSONE AD ASCOLTARE I PROPRI BISOGNI PER POTERLI ESPRIMERE PIÙ LIBERAMENTE?

Nel mio lavoro cerco di aiutare le persone in primo luogo a riconoscere quelli che sono i propri bisogni, dando voce a quei pensieri e quelle emozioni che spesso restano celati e/o temuti. Parlando di diritti assertivi spesso emergono molte credenze che le persone hanno alla base dei propri vissuti emotivi e dei propri comportamenti. Insieme, cerchiamo di capire quanto queste idee possano essere utili a farci stare meglio o meno. Una volta emersi i bisogni personali, cerco di accompagnare le persone a fare piccoli esperimenti di espressione di queste necessità e di valutare insieme quali emozioni si accompagnano. La cosa più importante non è il risultato concreto di una interazione ma il senso di benessere personale che accompagna la persona nei suoi rapporti interpersonali.

 

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