della dott.ssa Psicologa Elena Isolati
Genitori e figli sono legati da un nodo fortissimo, che a un certo punto si deve sciogliere. In ogni processo di crescita c’è infatti un momento, spesso inconsciamente doloroso, in cui genitori e figli devono accettare di lasciarsi andare. Questa separazione non è un abbandono, né una perdita o una rottura: è la condizione essenziale per poter incontrare davvero l’altro come essere distinto, dotato di desideri propri, ma soprattutto per incontrare se stessi. Questa fase rappresenta un passaggio critico dello sviluppo, sia per i figli, che devono differenziarsi dall’Altro originario sul quale avevano orientato tutti gli investimenti, sia per i genitori, chiamati a rinunciare al possesso del figlio per accettarlo nella sua indipendenza.
Lasciarsi andare è fondamentale, ma non sempre i genitori o i figli stessi riescono ad accettarlo
Questa dinamica, tanto necessaria quanto spesso ostacolata, viene non di rado negata ai figli in quelle famiglie in cui vi è una difficoltà a tollerare il processo di separazione, a lasciare andare i figli verso la loro autonomia e la tendenza a costruire legami che, invece di sostenere, incatenano.
Un esempio è il momento che ha segnato molti adolescenti di oggi: la pandemia da Covid-19
La privazione del processo di separazione è esplosa in modo particolarmente evidente durante la pandemia da Covid-19, periodo in cui le costrizioni di convivenza forzata hanno trasformato le famiglie in microcosmi chiusi, conducendo alla perdita di contatto con il “terzo” simbolico (vie di fuga quali la scuola, le istituzioni, il gruppo dei pari…) e ad un ingranamento delle relazioni nel nido familiare. Il Covid, in questo senso, ha non solo impedito la separazione fisica ma anche generato un arresto dei processi di separazione psichica, incastrando gli individui, soprattutto i più giovani, in modalità relazionali che negano il sè nella propria autonomia. Tali modalità hanno trovato terreno fertile in quei contesti familiari in cui già prima del Covid dominava il fantasma della perversione affettiva. Così in molti hanno iniziato a soffrire di un virus relazionale, che ha impedito di differenziarsi dall’altro-da-sè e di dare legittimità alle spinte adolescenziali verso l’indipendenza.
Durante la Pandemia non è stato possibile lasciarsi andare: ecco perché
La pandemia ha infatti fornito il pretesto perfetto per questo tipo di dinamiche in cui, attraverso la seduzione emotiva e l’instillazione del senso di colpa, il clima relazionale familiare è divenuto fusivo. La costante vicinanza ha portato ad un’inevitabile invasione dei confini: tutto accadeva nello stesso spazio, senza filtri; i confini tra i membri della famiglia si sono sfumati, talvolta annullati, e l’individuazione dell’identità bloccata. E così i ruoli si sono confusi: il genitore è diventato un’entità ambigua e indefinita, che ricopriva contemporaneamente la funzione di genitore, amico, insegnante…
Parallelamente, le preoccupazioni e lo stile di pensiero paranoideo che hanno caratterizzato l’epoca pandemica hanno intensificato ulteriormente l’instaurarsi di relazioni di questa tonalità, in cui vigeva la pretesa che l’altro non pensasse egoisticamente a se stesso in un momento storico in cui uscire (simbolicamente, distanziarsi per riconoscersi) avrebbe costituito un pericolo per la salute della famiglia. Non è questa la metafora perfetta di un tentativo di controllo mascherato da innocua protezione?
Il lockdown ha offerto uno strumento ideale a quei lavori psichici di controllo psicologico e colpevolizzazione dell’altro, che hanno visto come vittime sacrificali specialmente gli adolescenti, i quali si sono ritrovati bloccati in casa con i propri genitori in fasi cruciali dello sviluppo della loro indipendenza. La loro seconda nascita è stata così boicottata: erano chiusi dentro, ma persi fuori.
Una generazione incapace di distanziarsi emotivamente dai genitori
Ad oggi capita non di rado di osservare gli esiti del fallimento di questo processo che, come sappiamo, va ben oltre l’esperienza del Covid. Ne è figlia una generazione di adolescenti e giovani adulti incapaci di distaccarsi emotivamente dai genitori e costretti a portare sulle loro spalle il fardello di un investimento narcisistico che, se tradito, condurrebbe alla perdita del legame simbiotico che hanno conosciuto come unica concessione di esistenza.
In conclusione, i genitori devo lasciare andare i figli. Solo così potranno volare
Fondamentale per lo sviluppo identitario è la capacità dei genitori di lasciare andare i figli, sostenendoli con spinte all’autonomia che, se sollecitate e tollerate dall’adulto di riferimento, diventano per il figlio il trampolino di lancio ideale per affrontare in maniera sempre più matura la realtà esterna alla famiglia. In questo, è necessario anteporre i bisogni dei figli a quelli che potrebbero essere i bisogni propri del genitore: mentre l’adulto potrebbe trovare risarcimento affettivo e narcisistico in un figlio che rimane ancorato e legato a sè, il figlio necessita di uno spazio di interpolazione sempre più ampio in cui poter esprimere la propria differenziazione. Solo rispettando questi bisogni di autonomia i genitori possono davvero offrire ai figli le ali con cui imparare a volare, utili per allontanarsi ma anche per poter scegliere di riavvicinarsi al nido di origine nel momento del bisogno.
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