Cosa vuol dire essere studenti universitari oggi? All’interno del nostro studio, abbiamo la fortuna di ospitare spesso tirocinanti universitari: un’opportunità preziosa per confrontarci con persone che stanno vivendo un momento della vita importante, di formazione e crescita, e crediamo sia arricchente metterci in loro ascolto. Per questo abbiamo chiesto a Lara Marzari di raccontarci i timori, i desideri e il quotidiano di uno studente universitario oggi. Di seguito trovate le sue riflessioni.
Di Lara Marzari, tirocinante di Spazio Incanto
Essere studenti universitari al giorno d’oggi è molto più che studiare. È un’identità fluida, che cambia forma a seconda di ciò che il mondo esterno richiede. Non è solo seguire lezioni e superare esami: essere studenti oggi significa destreggiarsi tra formazione teorica, esperienze pratiche e l’ansia di “prepararsi al futuro” in un contesto socioeconomico incerto.
La scuola dovrebbe essere un luogo di crescita, ma non sempre è così
La scuola e l’università dovrebbero essere luoghi di crescita, di stimolo e di scoperta. E lo sono ancora. Ma per molti studenti, la realtà è fatta anche di lezioni affollate, alcune online, esami ravvicinati e una burocrazia lenta e spesso poco chiara, con una costante sensazione di dover correre per “stare al passo”. Più che un percorso formativo, lo studio sembra una corsa a ostacoli. C’è chi si sente schiacciato dal peso delle aspettative – dei genitori, dei docenti, della società – e chi lotta per trovare un senso a ciò che studia.
Dalla scuola al mondo del lavoro: cosa significa essere un o una tirocinante
Oltre allo studio, un altro aspetto spesso sottovalutato ma estremamente faticoso è la ricerca del tirocinio. Non è raro imbattersi in enti che accettano solo studenti magistrali, o che non hanno disponibilità o strutture che propongono modalità non compatibili con quanto l’università richiede. Si tratta di un percorso fatto di attese, mail senza risposta, colloqui conoscitivi, richieste burocratiche da gestire, e talvolta anche di delusione. A volte il problema non è nemmeno trovare un tirocinio, ma trovarne uno che abbia senso, che formi davvero, e che rispetti sia le esigenze dello studente che quelle dell’università. In mezzo a questa fatica, però, ci sono anche le scoperte: la possibilità di osservare il lavoro sul campo, entrare per la prima volta in relazione coi professionisti, toccare con mano la realtà che fino ad ora avevamo solo studiato nei libri. È lì che il vero tirocinio assume tutto il suo valore formativo, anche se spesso ci si arriva dopo un percorso burrascoso.
I primi passi nel mondo del lavoro e la pressione sociale alla realizzazione
Molti studenti, poi, si ritrovano a fare un salto immediato nel mondo del lavoro, o almeno a provarci. Un passaggio che spesso è meno lineare di quanto ci si aspetta. C’è chi lavora già durante il percorso di studi, incastrando turni, lezioni e sessioni d’esame, con conseguente fatica, rinunce e giornate piene ma che insegnano anche autonomia, responsabilità e capacità di adattamento; e chi invece si affianca al mondo del lavoro dopo la laurea, scontrandosi spesso con un paradosso: le aziende cercano giovani con esperienza, ma non sempre offrono spazi per acquisirla. E in questo mare di frustrazione, la pressione di “realizzarsi” – sociale e personale – ci sguazza benissimo.
L’importanza di restare nel momento e accettare i cambi di programma
Eppure resistiamo. Nonostante tutto, molti resistono, si rimettono in gioco, cambiano rotta e si reinventano. Cercano spazi di espressione, costruiscono reti tra pari, sono critici, creativi e pieni di risorse. In un sistema che è spesso inadeguato, la forza sta proprio nelle persone che lo abitano.
Stare dentro l’incertezza, proiettati al futuro
Per cui, essere studenti oggi, vuol dire imparare a stare dentro l’incertezza, senza smettere di costruire. Significa anche continuare a crederci, nonostante tutto, coltivando la speranza che ogni piccolo passo – anche se lento e faticoso – sia parte di qualcosa che ci formerà, prima ancora che professionalmente, umanamente.
Grazie Lara.